Ott 132021
 

Dispositivi in grado di produrre energia che possa in qualche modo alimentare i cosiddetti wareable (indossabili), ne esistono già diversi, ma quello proposto dal professor Jianliang Xiao docente di meccanica del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Colorado a Boulder, presenta delle caratteristiche e delle peculiarità innovative.

Si tratta di un piccolo dispositivo elastico che aderisce alla pelle avente forma di un anello o di un bracciale. Questo, ha un funzionamento abbastanza semplice, basato sulla differenza di temperatura esistente tra il nostro corpo e l’aria circostante. Esso, riesce a trasformare parte del calore dissipato dal corpo umano in energia elettrica trasformando così il nostro corpo, in una vera e propria batteria. In pratica, un piccolissimo generatore termoelettrico in grado di generare 1 volt di energia per centimetro quadrato di pelle, e quindi una quantità inferiore rispetto a quella prodotta dalle batterie esistenti, ma comunque è sufficiente ad alimentare i dispositivi indossabili quali smartwatch e fitness band.

L’aspetto più innovativo e rivoluzionario di questa invenzione è il fatto di essere elastico, capace di ripararsi da solo e completamente riciclabile il che fa di questo dispositivo un alleato dell’ambiente, al contrario delle attuali batterie che utilizzano metalli pesanti e richiedono costosi cicli di smaltimento. Inoltre, questo dispositivo consente di fornire una quantità di energia costante e duratura nel tempo capace di alimentare i nostri dispositivi in maniera continuativa senza doverli togliere per ricaricarli in apposite basi o cavi.

Il proposito è quello di arrivare a produrre capi di abbigliamento che, oltre a svolgere la funzione coprente o estetica, abbiano anche una funzione energetica.

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Si parla spesso di inclusione, si parla spesso di ausili per i meno fortunati, si parla spesso di tecnologie innovative e risolutive per specifiche problematiche ed ecco che ogni tanto si legge sulla rete di una scoperta, di una innovazione che renderà compiti fino ad oggi impossibili ad alcune categorie, facili o fattibili anche per esse.

Ancora una volta è il prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) a tirare fuori dal cilindro un’innovazione tecnologica a favore di una categoria di minorati fisici, i ciechi, capace di rendere la lettura un’esperienza più semplice e soddisfacente rispetto al passato. FingerReader l’anello che è in grado di leggere, altro non è che un lettore ottico portatile capace di registrare ciò che vede e di rileggerlo. Il dispositivo, ancora un prototipo, è stato realizzato con una stampante 3D.

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La videocamera montata sopra il dispositivo, come uno scanner, legge il testo su di un libro o su qualunque altro supporto e un software dedicato lo interpreta e lo codifica come traccia audio pronta per essere letta. Un apposito altoparlante si occupa poi di leggere al non vedente quanto interpretato sul supporto cartaceo. L’unica attenzione da porre da parte dell’utente è quella di scorrere il dito sopra il rigo senza saltarlo. In realtà il software è in grado di comunicare al non vedente di essere sceso di rigo o di averlo saltato, come è in grado pure di avvisarlo quando arriva alla fine del rigo. Una vibrazione lo avverte dell’errore commesso o della fine del rigo in modo che questo possa correggere la posizione della mano. Il dispositivo è in grado di leggere anche libri digitali i cosiddetti e-book.

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Le prospettive che si aprono per circa 300 milioni di non vedenti nel mondo e alcune migliaia solo in Italia sono straordinarie, proprio perché l’anello renderebbe queste persone indipendenti dall’assistenza di un altra persona nello svolgimento di attività quotidiane come la lettura di un menù al ristorante o le bollette di casa. Altro campo in cui questo strumento potrebbe dare risultati eccezionali è a scuola, come ausilio per insegnanti curricolari e di sostegno. Il sistema non punta da subito alla sostituzione del linguaggio braille, ma ad affiancarsi a questo come ulteriore strumento di aiuto agli ipovedenti. Del resto è impensabile che di colpo centinaia di libri scritti in braille possano essere sostituiti e che la diffusione dello strumento possa diventare così capillare. Nonostante il vantaggio del costo di partenza molto basso i problemi da superare sono diversi e dalla fase sperimentale alla produzione di massa passerà ancora del tempo.

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La sperimentazione al M.I.T. è durata 3 anni. Il primo modello di anello per la lettura è stato presentato nel 2011 dal prof. Pattie Maes fondatore del gruppo di ricerca Fluid Interfaces per lo sviluppo di tecnologie indossabili.

Speriamo che presto questa nuova tecnologia possa essere commercializzata e raggiungere la maturità sufficiente affinché l’uso da parte dei minorati di vista allevi loro l’handicap fisico di cui soffrono. E noi ci auguriamo che tanti sforzi e tanto impegno siano dedicati dagli scienziati del mondo nella ricerca e nella sperimentazione di ausili simili.

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