Nov 062015
 
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E’ da molti anni che gli enti spaziali mondiali, alla ricerca di un propulsore idoneo a lunghi viaggi spaziali, hanno focalizzato la loro attenzione su motori definiti ionici ad effetto Hall. Si tratta di una ricerca che ha origini antiche visto che già dagli anni ’50-’60 Stati Uniti ed ex Unione Sovietica avevano avviato studi in questa direzione.

Ma come funziona un motore ionico e quali sono i suoi vantaggi rispetto ai tradizionali motori a combustibile chimico? Scopriamolo insieme.

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I motori ionici, intrappolano degli elettroni in un campo magnetico e li utilizzano per ionizzare il propellente, normalmente xeno. A questo punto, un campo magnetico genera un campo elettrico che accelera gli ioni carichi che, nel loro percorso creano il tipico pennacchio di scarico di plasma capace di spingere un veicolo spaziale. Questo processo, ha il vantaggio di consumare pochissimo. Basti pensare che il propulsore a effetto Hall installato sul veicolo spaziale SMART-1 dell’Agenzia Spaziale Europea in 13 mesi ha consumato circa 60 kg di xeno. Inoltre, lo xeno è un gas non reattivo, per cui non può esplodere rendendo questo combustibile anche sicuro. La propulsione generata da questo tipo di motori è più piccola rispetto a quella generata dai motori chimici, ma la sua efficienza è tale che può alimentare le navette fino a portarle alla velocità nominale di circa 112.000 miglia orarie risultando essere circa 10 volte più efficienti dei motori a propulsione classici.

Tali propulsori, sono già in uso da parecchi anni. Sin dal 1971 sono in orbita, montati sui satelliti geostazionari come propulsori per la loro stabilizzazione. Non sono stati utilizzati nei viaggi spaziali, proprio per la mancanza dell’ottimizzazione della durata e dell’efficienza. I classici propulsori effetto Hall, garantiscono infatti una vita media di 10.000 ore oltre le quali, il flusso di plasma degrada significativamente le pareti del motore rendendolo inutilizzabile.

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Un viaggio spaziale importante, come quello che si progetta su Marte, richiederebbe almeno il triplo delle ore di durata per poter essere effettuato in sicurezza.

Sulla base di queste esperienze, un gruppo di fisici francesi è riuscito nell’intento di creare un prototipo di propulsore in grado di consentire un lunghissimo viaggio nello spazio profondo. Questo propulsore fa dell’efficienza la sua arma migliore, infatti, è in grado di consumare fino a 100 milioni di volte in meno il carburante utilizzato dalle normali navette a combustibile chimico. I fisici sono riusciti anche nell’intento di eliminare il danneggiamento fisico delle parti interne del motore. Hanno spostato l’anodo (elettrodo positivo) al di fuori del campo magnetico ottenendo così un propulsore senza pareti, quindi senza i vincoli sia del degrado della struttura che della limitazione della spinta (l’anodo, nella prima versione era posto all’interno del campo magnetico e questo lo faceva interagire con la nube di elettroni riducendo le prestazioni di spinta).

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Sicuramente si sono fatti grossi passi in avanti nella ricerca e sperimentazione dei propulsori ionici, ma tanto ancora bisogna fare e capire. Julien Vaudolon, l’autore principale dello studio, ha pubblicato i risultati di questa ricerca confermando i buoni risultati raggiunti, ma anche i numerosi dubbi che si sono aperti e che sono ancora da chiarire.

La conclusione è che grandi miglioramenti sono stati compiuti in questa direzione, però si è ancora lontani dall’aver compreso chiaramente come funziona la fisica dei propulsori ionici. Altre ricerche e studi dovranno essere condotti e i costi sono molto elevati. Le speranze sono grandi, però lungi dall’essere pronti ad utilizzare tali propulsori come motori delle prossime spedizioni spaziali.

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