Set 162020
 

Sviluppato in Italia, a Faenza, frutto di un lavoro durato cinque anni e diretto dalla ricercatrice e scienziata Anna Tampieri, presso l’Istituto di Scienze e Tecnologia dei Materiali Ceramici del CNR, Green Bone Ortho, si propone di affrontare risolvere un grave problema che ha afflitto fino ad oggi il campo dell’ortopedia.

Infatti, a causa di eventi traumatici, quali tumori ossei, infezioni, complessi interventi di chirurgia o per l’applicazione di protesi articolari, i pazienti sono stati trattati utilizzando innesti di materiale biocompatibile nel tentativo di migliorare la biologia e la migrazione delle cellule verso l’area trattata così da colmare il divario, cioè riempire lo spazio lasciato vuoto dall’evento traumatico.

Green Bone Ortho è un prodotto innovativo derivato dalla pianta del rattan sviluppato dalla GreenBone, una startUp nata nel 2014 attiva nel campo della rigenerazione ossea che ha sviluppato soluzioni innovative ispirate alla natura e finalizzate a curare gravi malattie ossee. Green Bone Ortho, ha ricevuto il marchio CE europeo che certifica la qualità del sistema sia dal punto di vista della progettazione e produzione che, della conformità ai requisiti richiesti nella chirurgia ricostruttiva dei difetti ossei.

Si tratta di un dispositivo bio-mimetico, che riproduce la composizione chimica e la struttura 3D porosa dell’osso naturale. Questo materiale derivato come detto dal rattan, ha importanti caratteristiche di osteointegrazione, necessarie per una efficace guarigione anche di grandi segmenti ossei. Inoltre, il fatto di essere prodotto in laboratorio lo rende modellabile da parte dei chirurghi così da ottenere la forma necessaria al miglior risultato possibile.

A detta del suo amministratore delegato Lorenzo Pradella, il prossimo passo, dopo il successo della certificazione europea, sarà quello di produrre segmenti ossei derivati dal legno capaci di coadiuvare i medici nella chirurgia spinale.

GUARDA I VIDEO:

PUOI LEGGERE ANCHE:
Dic 172012
 

Anche in Sicilia l’eccellenza si può raggiungere. Sorgerà presso Carini, in provincia di Palermo, su un’area di 16 ettari di terreno il primo Centro al mondo per le Biotecnologie e la Ricerca Biomedica. Il centro, è frutto di una partnership tra soggetti diversi: la Fondazione Ri.Med (Ricerca scientifica nel Mediterraneo), la Regione Siciliana, il CNR, l’Università di Pittsburgh e la University of Pittsburgh Medical Center (UPMC). Da questa collaborazione, sorgerà un mega-centro di studi all’avanguardia su un terreno donato dalla Regione Siciliana alla Fondazione Ri.Med; avrà un’estensione di circa 31.000mq e pare che la prima pietra sarà posta nel 2013. Il centro si propone di creare un luogo dove la sperimentazione e l’avanguardia saranno dominanti e dove sarà possibile avviare 1200 nuovi posti di lavoro tra ricercatori e scienziati di ogni regione e formazione.

Il progetto è stato presentato alla presenza dei ministri della Salute e della Ricerca, Renato Balduzzi e Francesco Profumo e la progettazione è stata curata in modo attento. Infatti, è stato bandito un concorso, vinto da un consorzio di imprese internazionali e italiane, che ha curato in maniera particolare gli aspetti del risparmio energetico e dell’impatto ambientale proprio in virtu’ delle tecnologie all’avanguardia e dei materiali che verranno utilizzati per la sua realizzazione.

Progetto del CBRB

Il mega laboratorio sarà attrezzato con ben 8 aree di differente interesse e ricerca:

  • ricerca di nuovi farmaci;
  • sviluppo di vaccini;
  • biologia strutturale e computazionale;
  • medicina rigenerativa;
  • sviluppo di dispositivi biomedici;
  • Imaging molecolare;
  • neuroscienze;
  • ingegneria dei tessuti.

Costo dell’opera, circa 210 mln di euro provenienti da un finanziamento messo a disposizione dal governo; posa della prima pietra nel 2013 e completamento della struttura nel 2016. All’interno della stessa area, sorgerà in un secondo momento, anche un ospedale con 300 posti letto, che sarà collegato direttamente al CBRB così da creare un centro biomedico di rilevanza internazionale. Lo scopo dichiarato dell’opera è quello di risollevare l’economia e la rilevanza di una regione del sud, dando posto di lavoro a circa 600 addetti e altrettanti nell’indotto, ma il tentativo principale, è sicuramente quello di evitare la fuga di cervelli all’estero, proponendo una soluzione di unicità che dovrebbe poter attirare a Palermo, grandi ricercatori d’oltralpe e mantenere nel nostro paese quelli sfiduciati e privi di occupazione.