PUOI LEGGERE QUESTO ARTICOLO SUL BLOG: ILTECHNOLOGICO.IT
Il problema idrico mondiale è sicuramente una delle sfide maggiori per i paesi sviluppati. 2,1 miliardi di persone al mondo attualmente non hanno accesso all’acqua potabile con le gravi conseguenze sia igieniche che sanitarie. La situazione mondiale pare non stia migliorando, anzi la crisi idrica ha colpito anche paesi precedentemente non coinvolti in questa problematica allargando il problema.
Riuscire a reperire acqua potabile a basso costo per rifornire questi paesi sta diventando una priorità e l’ultima novità è stata presentata al CES di Las Vegas finanziata da un fondo compartecipato da due dei più ricchi miliardari del mondo, Bill Gates e Jeff Bezos. L’idea finanziata e quella della startup Zero Mass Water, che utilizza un sistema alimentato da pannelli solari fotovoltaici, in grado di estrarre l’acqua dal vapore contenuto nell’aria, sterilizzarlo, trasformarlo in liquido e immagazzinarlo in un container direttamente connesso con un rubinetto. Il processo sfrutta pannelli solari noti come Source ed un materiale in grado di assorbire le particelle di umidità dell’atmosfera. Con soli 2.000 dollari più 500 per l’istallazione, Source può fornire l’equivalente di 10 bottiglie di acqua al giorno per un periodo compreso tra 15 e 20 anni.
Il progetto è stato già introdotto in via sperimentale in 18 paesi, ma la società mira a rendere Source disponibile ai governi locali e associazioni no profit così da portare l’acqua nelle comunità più a rischio. Il sistema utilizza, inoltre, è una serie di filtri capaci di impedire al particolato e ad altri detriti di entrare nell’impianto in maniera tale che l’acqua non venga contaminata.
Anche gli Stati Uniti d’America, dove un milione e mezzo di persone non hanno accesso all’acqua potabile, stanno pian piano implementando questo sistema a basso costo, capace di garantire maggiore salubrità rispetto a quella offerta oggi dalle bottiglie di plastica.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
Da uno studio condotto da ricercatori dell’università di Leiden, nei Paesi Bassi, potrebbe essere realizzato un sistema di propulsione e movimento per robot di nuova concezione. In pratica, gli scienziati con a capo Scott Waitukaitis, hanno osservato uno strano fenomeno mostrato da alcune sfere di un gel, un poliacrilamide, nel momento in cui colpivano una superficie riscaldata.
Il poliacrilamide, è un gel molto utilizzato in cosmetica e l’esperimento condotto su di esso, ha messo in evidenza come questo, impregnato d’acqua, nel momento in cui cadeva su di una superficie incandescente, iniziava a rimbalzare in maniera sempre più veloce. La stranezza stava nell’altezza dei salti. Infatti, le palline che venivano rilasciate da molto vicino alla superficie incandescente, iniziavano ad aumentare l’altezza di rimbalzo fino ad un certo punto, mentre quelle rilasciate da più in alto perdevano progressivamente spinta fino ad attestarsi alla stessa altezza di rimbalzo.
Questo fenomeno ha incuriosito e non poco gli scienziati che hanno voluto capire con maggiore precisione quale fenomeno stesse alla base di questo comportamento.
L’esperimento condotto dal gruppo di ricercatori, ha utilizzato una padella riscaldata alla temperatura di 215°C sulla quale da differenti altezze sono state fatte cadere alcune di queste palline di gel impregnate d’acqua. Il risultato è stato quello che le palline hanno iniziato a rimbalzare freneticamente fino a quando tutte si sono stabilizzate ad una precisa altezza pari a circa 4 centimetri.
Fotografando il fenomeno con una camera ad alta velocità, si è potuto comprendere il mistero che stava dietro ai curiosi salti dell’idrogel. La macchina da presa ha infatti rivelato che ogni qual volta la pallina colpiva la superficie rovente, si aprivano sul punto di impatto dei microscopici fori fino a 3.000 volte al secondo. L’elasticità del materiale faceva si che si aprissero dai 10 ai 15 fori per rimbalzo, che poi si richiudevano per effetto della stessa elasticità. Da questi, fuoriusciva una microscopica quantità di vapore prodotto dall’istantanea evaporazione dell’acqua dalla superficie della sfera. Questa in pratica fungeva da propulsore spingendo la pallina verso l’alto perché la quantità di energia cinetica prodotta dal getto di vapore era pari a quella dissipata nell’impatto. Questo spiegherebbe la regolarità nell’altezza del rimbalzo. Quindi, variando la temperatura della superficie di impatto si potrebbe variare anche l’altezza del rimbalzo.
Il fenomeno è anche accompagnato da una notevole rumorosità; infatti, questi micro-getti di vapore, fanno vibrare in aria le palline che risuonano come un piccolo speaker.
Tra le possibili applicazioni di questo fenomeno, gli scienziati hanno individuato quella di un utilizzo in soft robot, cioè robot privi di parti rigide, capaci di muoversi liberamente grazie al passaggio di acqua o di una corrente.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
La Terra, si sa è ricoperta per il 70% della sua superficie da acqua, ma sfortunatamente questa è salata, quindi non potabile. Quasi un paradosso l’avere a disposizione immense quantità d’acqua e non poterle utilizzare per dissetare quasi metà della popolazione del nostro pianeta che soffre, appunto, per la sua mancanza.
Tanti studi sono stati condotti al fine di realizzare un sistema capace di consentire la potabilizzazione dell’acqua marina, ma la soluzione definitiva non è ancora stata raggiunta.
Gli scienziati della Lawrence Livermore, in collaborazione con quelli dell’Università di Northeastern, hanno realizzato un approccio diverso, innovativo, che apre la strada a future e impensabili implementazioni.
Hanno utilizzato per la prima volta dei nanotubi di carbonio (CNT) con diametro inferiore a un nanometro, circa 0,8nm. Questi nanotubi, sono delle strutture cave fatte di atomi di carbonio il cui diametro è 50.000 volte più sottile di quello di un capello umano e la sua superficie interna liscia, consente la permeabilità dell’acqua bloccando il passaggio degli ioni di sale che invece sono più grandi.
L’uso di nanotubi di carbonio con diametri più piccoli del nanometro, ha consentito agli scienziati di raggiungere elevati gradi di successo. Infatti, anche quelli di diametro superiore al nanometro, questa operazione era possibile, ma con una minore efficienza nel trasporto proteico e nel blocco dei sali. Inoltre, questi tubi, così stretti, costringono l’acqua a passare in una sola direzione filtrandola con molta precisione.
In pratica, questi nanotubi, con la loro particolare struttura e forma, con le loro superfici atomiche lisce e la loro somiglianza con dei canali di trasporto idrico, consentono di ottenere delle vie di trasporto molecolare molto efficienti.
Già oggi è possibile depurare e desalinare l’acqua marina utilizzando speciali membrane porose che imitano le proteine biologiche, ma la via dei nanotubi di carbonio apre nuove e imprevedibili strade alle tecnologie per la depurazione delle acqua.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
E’ un progetto avveniristico, fantastico e visionario, ma il suo creatore Marco Attisani, un italiano alla guida di un team di 35 ingegneri ci crede profondamente al punto di essere sicuro di passare alla storia. Ma cos’è Walty? E cosa c’entrano acqua, elettricità e internet?
Tutto nasce dalle considerazioni fatte dalla World Health Organization che afferma come nel prossimo futuro circa un miliardo di persone nel mondo non avranno accesso a fonti di acqua potabile e 33 nazioni dovranno fare i conti con stress idrico definito di livello estremamente alto.
Inoltre, due miliardi di persone non avranno accesso all’elettricità e peggio ancora 5 miliardi saranno tagliati completamente fuori dalla connessione alla rete internet.
La World Health Organization ha inoltre emesso altri comunicati in merito alle necessità mondiali nel prossimo futuro con particolare riferimento ai beni primari. Il 70% della superficie terrestre è vero, è ricoperto di acqua, ma di questa ben il 97% è salata, quindi non potabile. Del restante 3%, il 2% è congelata nei ghiacciai ai poli e solo il restante 1% è dolce, quindi, potabile. Ma la cosa drammatica è che di questa residuale percentuale, necessaria a sfamare il mondo, circa il 70% subisce delle contaminazioni varie che la rendono pericolosa per la salute umana provocando nel mondo ogni anno la morte di migliaia di persone.
Gran parte della popolazione non ha accesso all’elettricità attraverso fonti pulite finendo per utilizzare legna, carbone e residui da colture che emettono sostanze nocive nell’atmosfera provocando altro inquinamento.
Infine, ci informa che la mancanza di connessione alla rete internet, significa per chi ne è sprovvisto, la mancanza di accesso al futuro.
Walty nasce da tutto questo. E’ un sistema in grado di purificare l’acqua da qualunque inquinante e nel far ciò, questo sistema, riesce a produrre elettricità e fornire connessione internet in quei luoghi ove questi beni non sono disponibili come nei paesi del terzo mondo.
Watly, è una lunga macchina, circa 35 metri che pesa qualcosa come 10 tonnellate. E’ modulare, nel senso che differenti elementi possono essere collegati tra di loro formando una rete. Il costo è elevato, ma i risultati prodigiosi; si parla di 2 o 3 milioni di euro a seconda la configurazione scelta. Per produrla sono necessari circa nove mesi ma solo 5 giorni per installarla.
Watly sfrutta un principio fisico chiamato distillazione a compressione di vapore, considerata attualmente come una delle più efficaci tecniche per la purificazione e desalinizzazione delle acque. Questo modulo, si alimenta ad energia solare tramite pannelli fotovoltaici, non richiede carburanti di alcun genere e riesce efficacemente a purificare l’acqua da qualunque tipo di contaminazione sia fisica, che chimica che batteriologica. Desalinizza l’acqua oceanica, elimina tutti i batteri patogeni e i microorganismi in essa presenti, parassiti, funghi, rimuove sostanze inorganiche e veleni come l’arsenico, piombo, mercurio, benzene, cloro ed altre sostanze ritenute le principali responsabili del suo inquinamento. Riesce anche purificare l’acqua con presenza di radioattività. L’acqua prodotta è acqua distillata debolmente mineralizzata, le cui proprietà possono essere modificate in base alle esigenze del paese di installazione.
Watly riesce a purificare circa 10.000 litri di acqua al giorno generando come effetto di questo processo, circa 100 chilowatt di elettricità nello stesso tempo. Realizza in questo modo una sorta di batteria off-grid che può immettere sulla rete tutta l’energia prodotta; un insieme di questi moduli può consentire la realizzazione di una vera e propria centrale elettrica (un network) da utilizzare in quei luoghi dove non è possibile far giungere la normale rete di distribuzione.
L’idea di Watly è venuta a Marco Attisani sulla spinta dei precedenti fallimenti. Aveva creato diverse start-up con l’idea di realizzare qualcosa di rivoluzionario, ma i progetti si erano arenati senza portare a grandi risultati. Allora, egli, ha rivolto le sue attenzioni ai sistemi per la depurazione delle acque marine senza l’uso di combustibili fossili e nel 2013 è nata la prima versione di Watly.
Resosi conto che non esisteva un sistema simile al mondo ha contattato un ingegnere termodinamico su amico, Stefano Buiani, è hanno dato un’accelerazione a questo innovativo progetto.
La bontà del progetto, è stata subito comprovata dai riconoscimenti raccolti, come il Premio Marzotto e il Search On Media Group al Web Marketing Festival di Rimini. Inoltre, sono stati stanziati fondi per 2 milioni di euro da Horizon 2020 e il progetto Watly è stato inserito nel programma dell’European Space Agency.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
In un’epoca in cui si parla sempre più spesso di energie alternative ai combustibili fossili, sia in termini di costo, che ambientali, che di durata, l’anchorman Jamie Hyneman, autore e conduttore della nota serie televisiva MythBusters miti da sfatare, ha realizzato un impianto pilota di quello che è noto come progetto SOLETAIR.
Di cosa si tratta? Del primo sistema in grado di produrre combustibili fossili liquidi a partire da energie pulite. Il progetto SOLETAIR, ideato dalla INERATEC è stato in grado di produrre circa 200 litri di carburante sintetico utilizzando solo energia solare, anidride carbonica estratta dall’aria e idrogeno ottenuto dalla dissociazione dell’acqua ottenuta, anche questa, con l’energia solare.
La maggior parte di noi sanno che, i combustibili fossili sono composti da idro-carburi, ossia molecole formate da idrogeno e carbonio. Ad esempio il metano che si presenta in natura allo stato gassoso è composto da una molecola molto semplice che ha formula CH4. Il carbonio è presente nell’anidride carbonica e l’idrogeno nell’acqua.
Il sistema SOLETAIR, è costituito da un semplice container facilmente trasportabile e installabile ovunque, in grado di produrre i più comuni idrocarburi come benzina, gasolio o metano, ma anche molecole diverse come quelle necessarie per la produzione di materie plastiche.
L’impianto è in grado di produrre, da queste semplici materie prime, circa 80 litri di benzina al giorno. Inoltre, è modulare, ossia consente il collegamento di più container per ottenere un impianto la cui produzione soddisfi le esigenze del contesto e il processo di sintesi è ottimizzato per sviluppare il minor calore possibile e per realizzare i carburanti con le migliori proprietà.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
Il popolamento eccessivo di alcune aree del nostro pianeta, soprattutto delle grandi megalopoli, ha reso urgente il problema di trovare nuovi spazi territoriali dove delocalizzare parte della popolazione ed ha messo in moto la fantasia e la creatività di architetti e progettisti il cui frutto sono stati una serie di progetti utopistici. Ma da qualche tempo, da queste utopie, sono state nate idee concretizzabili nella realtà anche se nel medio-lungo periodo.
Partendo dal forte congestionamento urbano, gli architetti hanno iniziato a guardare oltre, per trovare nuovi spazi abitativi; essendo la superficie terrestre per la maggior parte sommersa da acqua, hanno iniziato ad ipotizzare che potesse essere quello il luogo ideale per progettare nuovi spazi insediativi.
L’obiettivo non era solo quello di realizzare nuove case dislocate in luoghi una volta ritenuti non colonizzabili, ma anche quello di rispettare e integrare questi nuovi insediamenti con l’equilibrio biologico del pianeta.
Si è iniziato così a parlare dei così detti grattacieli marini noti come seacreapers o water creapers, sorta di edifici verticali, totalmente o parzialmente immersi nell’acqua, dotati di tutti i comfort ma anche di tutte le tecnologie necessarie al loro auto-sostentamento.
Queste torri sottomarine dovranno anche essere in grado di essere autosufficienti da un punto di vista energetico attraverso la trasformazione dell’energia da fonti pulite quali le onde e le correnti del mare, il vento e il sole.
Dovranno sostentarsi anche dal punto di vista alimentare auto-producendolo attraverso sistemi avanzati di acquacoltura e coltivazione idroponica. Dovranno, infine, produrre acqua potabile attraverso la raccolta di quella piovana o sistemi di desalinizzazione delle acque marine posti ai livelli più bassi delle torri.
Tante visioni, tanti progetti, tante soluzioni, ma tutte centrate sullo sfruttamento sostenibile, sulla bio-compatibilità tra strutture tecnologiche e ambiente biologico. Vediamo qualcuno di questi avveniristici progetti.
AEQUOREA – LA CITTA’ MEDUSA |
Ad opera dell’architetto visionario belga Vincent Callebaut, Aequorea è un ambiziosissimo progetto di città sottomarina, in grado di sopravvive e nutrire i propri abitanti autonomamente. Si tratta di un complesso di oltre 1000 cupole che richiamano le teste delle meduse emergenti dalle acque del mare ognuna dal diametro di 500 metri. Queste teste ospiteranno gli ingressi verso le parti più profonde capaci di ospitare circa 10.000 abitazioni oltre a uffici e laboratori scientifici per le ricerche marine. Quasi 1.500.000 metri quadrati sviluppati sotto la superficie del mare dove troverebbero posto anche delle vere e proprie fattorie per la coltivazione di alghe e altre sostanze organiche necessarie allo sviluppo ed alla crescita della città. A pieno regime Aequorea dovrebbe ospitare circa 20.000 persone.
Per l’illuminazione Callebaut ha optato per soluzioni innovative e non inquinanti, studiando le creature bio-luminescenti dotate di quella sostanza chiamata luciferina in grado di generare luminosità (vedi: GLOWING TREES GLI ALBERI LUMINESCENTI)
GUARDA I VIDEO: |
WATER CIRCLES – PIATTAFORME RICONVERTITE |
Non solo abitazioni, ma anche idee innovative e geniali per riutilizzare e convertire vecchi impianti dismessi in utili sistemi produttivi.
E’ il caso della riconversione degli impianti marini per l’estrazione di petrolio e combustibili fossili in strutture per il trattamento delle acque e la produzione, attraverso la desalinizzazione di acqua potabile da parte di un team di ricercatori sud coreani.
I vecchi tubi utilizzati per l’estrazione e il trasporto del greggio verrebbero riutilizzati per il trasporto dell’acqua a grandi contenitori sferici che, collegati ad un sistema di distillazione e depurazione, realizzerebbero ingenti quantità di acqua potabile da trasportare verso i paesi in cui questa scarseggia.
All’interno della struttura saranno anche predisposti gli alloggi per il personale ed un centro di ricerca per lo studio marino.
FLOATING CITY – LE CITTA’ GALLEGGIANTI |
Un altro grande progetto nato dalla visione utopistica di due architetti statunitensi, William Erwin e Dan Fletcher, è quello della città galleggiante. Una sorta di megastruttura, in buona parte emergente dalle acque oceaniche, costruita in prossimità di zone con forti correnti marine, in modo che le sue turbine, poste sott’acqua, possano produrre una grande quantità di energia. Anche la parte emersa parteciperà al sostentamento energetico; infatti si tratta di un guscio ricoperto di celle fotovoltaiche in grado di trasformare l’energia del sole in elettricità.
La parte superiore è volutamente costruita con una forma concava per una duplice funzione; permettere alla luce solare diretta di penetrare anche all’interno dell’edificio e fungere al tempo stesso da grande imbuto per la raccolta delle acque piovane, da trattare e convertire in acqua potabile.
La sotto-struttura di questo grattacielo galleggiante, costituita da grandi tubi immersi in profondità, fungeranno da finta barriera corallina in modo da permettere, attraverso l’aspirazione delle acque profonde ricche di sostanze nutritive, la formazione di colonie di fitoplancton e base per coltivazioni marine e nutrimento dei pesci di superficie.
PLASTIC FISH – TORRE MANGIAPLASTICA |
Un progetto premiato al concorso Skyscraper 2012 è quello sviluppato da un team di ingegneri sud coreani, Y. Sunhee, C. Hyunbeom, Y. Hyungsoo e K. Hongseop, la cui idea nasce da quel disastro ambientale noto come G.P.G.P. (Great Pacific Garbage Patch).
Il loro grattacielo marino, nasce proprio con lo scopo di poter ripulire i mari dalle tonnellate di plastica che lo soffocano e per poterle trattare e riciclare.
Il grattacielo è un’immensa piattaforma galleggiante a forma sferica, alto all’incirca 380 metri di cui buona parte sommersa. Solo alcuni piani fuoriescono dalla superficie marina per lo sfruttamento dell’energia solare e del vento. Il resto del grattacielo sfrutta l’energia cinetica marina delle onde e delle correnti.
Tutta la struttura è circondata da un immenso anello del diametro di 1 chilometro che ha la funzione di catturare i rifiuti galleggianti in mare e indirizzarli verso la struttura centrale per la loro rielaborazione.
Il corpo principale della struttura ha la funzione di un’immensa fabbrica per la lavorazione e il trattamento delle materie plastiche, mentre l’anello esterno avrebbe la funzione di ospitare gli spazi pubblici e residenziali collegati attraverso un sistema di condotti trasparenti a tunnel.
HO2 IL GRATTACIELO CHE PARLA MALESE |
Ad opera dell’architetto malese Sarly Andre Bin Sarkum, HO2, è uno dei più ambiziosi e importanti progetti in ambito di architettura subacquea. Questa torre, quasi completamente sommersa, affiora dall’acqua per un’altezza di soli 2 piani, all’interno dei quali troviamo delle estese aree per la coltivazione agricola.
La torre, alta circa 381 metri è per il resto totalmente sommersa e mantenuta in posizione attraverso un sistema di cavi ancorati al terreno e da un sistema di zavorre galleggianti, grandi serbatoi estesi come dei tentacoli, che hanno la funzione di bilancieri per mantenere la struttura in posizione. Inoltre, un altro sistema di zavorre è posto nella parte più bassa della struttura per garantirne la stabilità e la posizione.
La torre nasce per essere totalmente autosufficiente, sia dal punto di vista energetico che da quello alimentare.
Energia cinetica delle onde e delle correnti, energia dal vento e dal sole in superficie hanno lo scopo di mantenere in funzione questa grande struttura. Inoltre, i tentacoli bio-luminescenti forniscono energia e un luogo perfetto per la proliferazione della fauna marina.
Coltivazioni agricole sul tetto, acquacoltura e idroponica, sono i sistemi studiati per il mantenimento della popolazione.
Al suo interno, alloggi, uffici, spazi ricreativi e sistemi di spostamento come all’interno di una vera e propria città.
LADY LANDFILL – L’ASPIRAPLASTICA DEI MARI |
Anche il water creaper Lady Landfill del trio di architetti serbi, M. Vidojevic, J. Pucaveric e M. Pihler, nasce con l’intento come la Plastic Fish, di risolvere il gravissimo problema oceanico del Great Pacific Garbage Patch, ossia di quella immensa isola galleggiante di materiale plastico ampiamente diffuso sull’oceano Pacifico.
La proposta degli architetti è quella di utilizzare questi enormi grattacieli semi-sommersi, come immense isole galleggianti, in grado di aspirare dentro di se per il successivo trattamento i milioni di tonnellate di plastica alcuni dei quali depositati fino a 30 metri di profondità.
Questa mega-struttura è organizzata per livelli, dove sono differenziate le attività svolte. Quattro sono i principali; due più profondi dove avviene il trattamento e la lavorazione delle materie plastiche e due più superficiali, dove trovano spazio le residenze e gli spazi ricreativi per la popolazione.
La quantità di rifiuti trattati dal sistema sul fondo della struttura, sarà proporzionato al loro peso ed al sistema di galleggiamento. Una pompa espellerà la plastica in eccesso regolando continuamente il suo accesso con l’inserimento di acqua.
La plastica sarà poi riscaldata in una camera di riciclaggio e convertita in un gas in grado di alimentare le batterie della struttura.
GUARDA I VIDEO: |
LA CITADEL – IL QUARTIERE FLOTTANTE |
Ad opera dell’architetto visionario Koen Olthius, La Citadel nasce con un preciso scopo. L’Olanda, terra costretta a convivere con l’acqua, visto la sua dislocazione sotto il livello del mare, è soggetta appunto a regolari inondazioni dovute a maree e piogge che ne invadono il territorio.
Alcune di queste zone sono permanentemente allagate e proprio pensando a queste, nasce l’idea progettuale di Olthius.
La Citadel, sono 60 unità abitative che dovrebbero sorgere su una depressione allagata nei pressi di Westland, cittadina vicino a l’Aja.
La città è progettata per difendere e far convivere la popolazione con le inondazioni e la continua penetrazione dell’acqua sul territorio urbanizzato. Il complesso, un’isola galleggiante, realizza un sistema residenziale stabile connesso con la terra ferma attraverso un collegamento anch’esso galleggiante capace di restare indifferente alle continue oscillazioni del livello del mare e a detta dello stesso progettista capace di consumare il 25% in meno di energia.
GUARDA I VIDEO: |
GREENSTAR – UNA STELLA ALLE MALDIVE |
Sempre dalla fantasia dell’architetto olandese Koen Olthius dello studio Waterstudio, nasce, per altre motivazioni, il progetto Greenstar alle Maldive.
L’arcipelago, si sa, è la nazione più bassa al mondo e quella, quindi, maggiormente soggetta alle variazioni del livello del mare.
Il progetto nasce come tributo a questa nazione da sempre impegnata a combattere il riscaldamento globale. Si tratta di un hotel e centro conferenze galleggiante che dovrebbe sorgere all’interno di un atollo, caratterizzato dal bassissimo impatto ambientale, da un efficiente sistema energetico e dovrebbe essere in grado di accogliere fino a 800 ospiti e 2.000 conferenzieri.
L’HOTEL GALLEGGIANTE |
Di tutt’altra natura l’hotel galleggiante progettato per scopi turistici e di puro intrattenimento. Una grande struttura pensata come un vaso che restringe verso il basso, ricco di appartamenti, strutture ricreative, laboratori scientifici per far vivere u un’esperienza unica ai propri occupanti, ospiti di una struttura fantascientifica.
L’edificio rastrema verso il basso perché aumenta la pressione dell’acqua, quindi è concepito per convivere e resistere alle grandi sollecitazioni cui sarà sottoposto. Anche la forma circolare ribadisce questa funzione. L’anello che lo circonda, collegato tramite strutture ponte, ha la funzione di stabilizzare la costruzione tramite strumenti antivibrazioni capaci di mantenerla ferma anche durante il moto ondoso.
La struttura a cono rovesciato ospita nella parte bassa piattaforme di osservazione sottomarine, laboratori e sale verdi.
La luce accede alla struttura attraverso la grande cupola vetrata superficiale, e nella parte emersa si trovano gli spazi ricettivi dell’hotel, mentre le camere e le aree conferenza godono della vista sottomarina.
L’anello superiore ospita camere con accesso diretto alle spiagge poste tra le strutture di collegamento, che in questo caso diventano porzioni di mare protetto e sempre calmo per la balneazione degli ospiti della struttura.
Lo spazio sottostante la piazza principale ospiterebbe un piccolo porto per la subacquea e un diving center per le immersioni.
FLOATING MOSQUE – MOSCHEA GALLEGGIANTE |
Ancora ad opera dello studio olandese Waterstudio, il progetto che mira a portare sull’acqua anche gli edifici religiosi.
Progettata per l’isola artificiale di Jebel Ali a Dubai, l’opera è rimasta sulla carta nonostante avesse riscosso un grande successo perché il progetto della stessa isola è stato accantonato temporaneamente dalla società costruttrice.
Si tratta della prima moschea che potrebbe sorgere in mezzo al mare. Una grande struttura dalla pianta rettangolare con grandi aperture dall’alto che darebbero luce ad un giardino all’aperto e ad un sistema di raffreddamento naturale a costo zero.
Grandi colonne trasparenti ad imbuto, sosterrebbero il tetto, consentendo alla luce naturale di penetrare all’interno dell’edificio creando emozionanti effetti luminosi.
SEAHORSE – CASA GALLEGIANTE |
Concludiamo questa rassegna con quella che non è più un’utopia, ma una realtà. Nel mar arabico, liberamente galleggiante tra le isole di The World a Dubai, naviga la prima casa galleggiante del suo genere chiamata SeaHorse.
Quella che si vede nelle immagini e nel video è il prototipo di 181 unità galleggianti che navigheranno liberamente tra le isole di The World.
Si tratta di un progetto indirizzato al turismo di lusso, ma che nasce con fini ambientalisti. Il suo nome non è casuale: il cavalluccio marino, infatti, è una specie a rischio di estinzione e queste dimore di lusso, secondo quanto affermato dal CEO di Kleindienst Group, la società che progetta SeaHorse, nella parte sommersa saranno dotate, oltre che del sistema di galleggiamento, di una barriera corallina artificiale, in cui i cavallucci marini potranno vivere e riprodursi tranquillamente.
Dal peso di 188 tonnellate, ogni unità sarà dotata di finestre a tutta altezza sul mare, cucina attrezzata con zona pranzo e soggiorno, solarium e vasca idromassaggio con fondo trasparente. Le camere da letto occuperanno uno dei tre livelli di cui la casa è dotata, ossia quello sommerso.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
I ricercatori di dello Skippin Rocks Lab, un gruppo di ingegneri laureati all’RCA e all’Imperial College di Londra, hanno lavorato per anni alla realizzazione di un prodotto rivoluzionario capace di risolvere uno dei maggiori problemi ambientali del pianeta; lo smaltimento delle bottiglie di plastica.
Come tutti sappiamo, queste sono realizzate con un materiale non biodegradabile e per questo difficili da smaltire senza inquinare. La loro ricerca si è per questo indirizzata verso la creazione di un nuovo prodotto capace di sostituirle in maniera definitiva. Il risultato è stato straordinario; è stata creata OHOO, una bolla trasparente come una pellicola che avvolge e contiene al suo interno del liquido quale acqua o succhi di frutta. Questa pellicola è totalmente naturale, realizzata con un’alga marina commestibile e biodegradabile. In pratica questa bolla, contiene al suo interno acqua minerale ed è capace di mantenere l’igienicità del prodotto prima del suo uso.
L’utente può ingoiare la bolla e una volta che questa è nella bocca può essere morsa facendone fuoriuscire il contenuto oppure si può attendere che questa si sciolga fino al rilascio del suo contenuto.
Il prodotto, come detto, è totalmente biodegradabile questo significa che se non utilizzato nel periodo di circa 4 o 6 settimane si decompone naturalmente.
Lo sviluppo di questo progetto è datato 2013 e da allora il team di ingegneri a racconto oltre 800.000 sterline attraverso il crowdfunding.
La scoperta se ben utilizzata porterà ad una drastica riduzione della plastica utilizzata per la realizzazione delle bottiglie per alimenti contribuendo in maniera importante a preservare l’ambiente dal forte potere inquinante di questo materiale.
Inoltre, sarà divertente e interessante, bere acqua da una bolla trasparente piuttosto che da una bottiglia.
GUARDA I VIDEO: |
PUOI LEGGERE ANCHE: |
Lo smartphone oramai è diventato un nostro insostituibile compagno di vita. Partecipa con noi tutte le attività, permettendoci di restare connessi, di immortalare i momenti più belli, di condividerli, in pratica un amico del quale non possiamo più fare a meno.
Proprio per questo motivo, partecipando ad ogni nostra attività, rischia spesso di entrare in contatto con sostanze per le quali non è stato progettato e che potrebbero danneggiarlo irrimediabilmente. Sto parlando di acqua e polvere soprattutto. Quante volte ci è capitato di versare sopra il cellulare una bevanda o immergere in acqua il nostro smartwatch, azioni accidentali o eseguite distrattamente, ma che hanno il potere di metterci nel panico? Oppure quante volte nel nostro lavoro ci siamo chiesti se il terminale che utilizziamo è compatibile con l’attività che stiamo svolgendo, ad esempio in un cantiere edile o in una falegnameria o in lavori che richiedono l’uso di liquidi.
Sempre più spesso si vedono tal proposito, spot pubblicitari in merito alle capacità di questo o quel cellulare di resistere all’acqua, alle immersioni, alle sollecitazioni più estreme. E sempre più spesso abbiamo a che fare con sigle, acronimi, che descrivono le prestazioni a cui può essere sottoposto un dispositivo elettronico.
CERTIFICAZIONE IP |
Come in ogni ambito, anche in questo la normativa viene in aiuto del consumatore informandolo sulle caratteristiche di cui dispone il dispositivo, certificate dall’azienda produttrice la quale si fregia di queste specifiche in base a specifici test effettuati sul terminale.
In ambito internazionale, la certificazione che esprime la capacità di un dispositivo elettronico di resistere alle polveri, ai corpi solidi e all’acqua è stabilita dall’International Electrotechnical Commission (IEC) secondo lo standard internazionale IEC 60529.
In pratica questo ente fissa una serie di parametri che esprimono il livello di protezione, in modo che l’utente possa comprendere il grado di resistenza del suo terminale rispetto ha una specifica tabella.
L’International Electrotechnical Commission, definisce le certificazioni in questo senso con una fila di due lettere e due numeri IPxx. Il codice di due lettere IP sta per International Protection Marking (Marcatura Internazionale di Protezione) oppure per Ingress Protection Marking (Marcatura di Protezione all’Ingresso). Il primo numero rappresenta il livello di protezione contro l’intrusione di polveri o corpi solidi, mentre il secondo numero rappresenta il livello di protezione contro l’ingresso dei liquidi.
Se per un dispositivo la certificazione IP non è indicata, questo significa che lo stesso dispone comunque di una protezione similare ad una IP20 ossia nessuna protezione dell’acqua e minima da corpi estranei e polvere.
A volte può capitare di trovare dispositivi con indicazioni del tipo IP5X oppure IPX8. La presenza della lettera X, sta ad indicare che il dispositivo non è protetto nel primo caso dai liquidi e nel secondo caso dalle polveri. In questi casi per capire quali sono le reali caratteristiche del dispositivo bisogna consultare il manuale utente.
Bisogna, inoltre, specificare che per liquidi si intende acqua dolce e non acqua salata. Questo perché il sale è un corrosivo per cui dopo una immersione in acqua salata il dispositivo certificato IP67 o IP68 deve comunque essere risciacquato in acqua dolce.
Al codice IPXX possono essere aggiunte altre due lettere opzionali che stanno a indicare la prima il grado di protezione offerto dall’involucro al contatto diretto con parti pericolose; questo utilizza le lettere A, B, C e D.
A – protezione contro l’accesso con il dorso della mano;
B – protezione contro l’accesso con un dito;
C – protezione contro l’accesso con un attrezzo;
D – protezione contro l’accesso con un filo.
La seconda lettera opzionale, H, M, S e W, rappresenta un ulteriore descrizione delle caratteristiche del materiale.
H – apparecchiature ad alta tensione;
M – provato contro gli effetti dannosi dovuti all’ingresso dell’acqua con apparecchio in uso;
S – provato contro gli effetti dannosi dovuti all’ingresso dell’acqua con apparecchio non in uso;
W – adatto all’uso in condizioni atmosferiche specifica.
PUOI LEGGERE ANCHE: |
SCARICA L’ARTICOLO: |
Nella ricerca di fonti alternative di energia per sopperire ai limiti dei combustibili fossili, una delle soluzioni con maggiori prospettive di crescita e sviluppo, è lo sfruttamento dell’oceano e delle sue immense masse d’acqua.
Le possibilità che l’oceano offre da questo punto di vista sono molteplici. Infatti, questa immensa mole d’acqua per tutta una serie di motivazioni, è in costante movimento e la possibilità di sfruttarla come fonte energetica risulta possibile in differenti modi, molti dei quali anche economicamente convenienti.
Dagli oceani, attraverso differenti tecnologie è possibile ricavare energia da trasformare sfruttandolo uno dei seguenti fenomeni:
- correnti;
- onde;
- maree;
- gradienti (osmosi e talassotermica).
ENERGIA DALLE CORRENTI |
Le correnti marine, possono essere considerate come degli immensi fiumi che scorrono in mezzo agli oceani a volte per migliaia di chilometri. Possono essere superficiali o profonde e possono generarsi a causa di una serie di fattori naturali. I fattori primari sono la differenza di temperatura dovuta al riscaldamento solare alle varie latitudini e la rotazione terrestre. I fattori secondari sono le differenze di pressione atmosferica, di densità delle acque e le maree.
STUDIA CON I VIDEO: |
A causa di tutti i fattori sopra indicati, in alcune zone del nostro pianeta e soprattutto in presenza degli “stretti”, la velocità di spostamento dell’acqua può essere notevole raggiungendo anche alcuni metri al secondo. L’energia solare assorbita riscalda la superficie del mare, creando una differenza di temperatura fra le acque superficiali, che possono raggiungere i 25°-28°C e quelle situate per esempio a una profondità di 600 m che non superano i 6°-7°C.
DALL’ENERGIA CINETICA A QUELLA ELETTRICA |
Le correnti marine si comportano come le correnti aeree e come nelle centrali eoliche, lo spostamento di masse d’acqua (energia cinetica) che impattano contro degli sbarramenti totalmente o parzialmente sommersi, possono generare una grande quantità di energia elettrica. Grandi turbine ad asse verticale (per le correnti costanti) o ad asse orizzontale (per le correnti di marea) sono in corso di studio o sperimentazione in diversi siti mondiali. La più grande centrale di questo tipo si trova in Francia, ma sono in realizzazione grandi centrali anche in Inghilterra, Norvegia e Giappone. In Italia il sito più interessante per lo sfruttamento di questo tipo di energia è lo Stretto di Messina, dove le pale immerse in acqua riescono a generare fino a 15 Mw di potenza.
STUDIA CON I VIDEO: |
ASPETTI NEGATIVI DI QUESTI IMPIANTI: |
In generale questi impianti non creano particolari problemi. L’assenza di sbarramenti, grazie alla parziale o totale immersione in acqua delle turbine, riducono inoltre al minimo il loro impatto ambientale.
ENERGIA DALLE ONDE |
Un altro fenomeno sfruttabile per produrre energia dall’oceano, sono le onde che solcano la sua superficie. Le onde si generano a causa del vento che, spirando sulla superficie marina, trasferisce parte della sua Energia Cinetica all’acqua. La quantità di energia sfruttabile dipende, dall’ampiezza delle onde e dal tempo che intercorre tra un’onda e l’altra. Questi parametri dipendono a loro volta dalla velocità del vento e dalla profondità d’acqua sottostante.
DALL’ENERGIA CINETICA A QUELLA ELETTRICA |
Diversi sono i progetti in studio sul pianeta, ma i più promettenti sono:
- sistemi ad impianti galleggianti;
- sistemi ad impianti sommersi.
IMPIANTI GALLEGGIANTI |
Un progetto di nuova tecnologia che, sfrutta l’energia prodotta dalle onde di superficie degli oceani e permette di produrre elettricità è il Progetto Pelamis, il cui nome deriva da un serpente marino.
Pelamis è un sistema di tubi galleggianti legati tra di loro che, grazie al movimento delle onde genera su dei pistoni idraulici accoppiati a dei generatori, nei punti di snodo tra i tubi, energia meccanica che viene trasformata in energia elettrica. Il primo prototipo è stato installato al centro europeo per l’energia marina delle Isole Orcadi, in Scozia. È stato ufficialmente aperto il 28 settembre 2007. In genere la singola struttura è composta da 5 elementi congiunti, ha un diametro di 3,5m, una lunghezza di 150m capaci di generare una potenza di 750 kW. I materiali devono essere resistenti all’azione corrosiva dell’acqua di mare e sono previsti accessi alla struttura per eventuali interventi di manutenzione e/o riparazione.
STUDIA CON I VIDEO: |
ASPETTI NEGATIVI DI QUESTI IMPIANTI: |
I problemi generati dall’utilizzo di questa tecnologia, sono dovuti all’impatto visivo e all’occupazione di superficie marina, potenzialmente pericolosa per la navigazione. Inoltre, sono ancora presenti problemi legati alla produzione di energia a causa dell’irregolarità del moto ondoso.
IMPIANTI SOMMERSI |
Questa seconda tecnologia risolve il problema dell’impatto ambientale perché risulta totalmente sommersa. E’ anche questo un impianto off-shore che sfrutta il principio di Archimede. L’impianto è fissato al fondale marino ed è costituito nella sua parte superiore da un cilindro cavo che si muove in verticale a causa del cambiamento di pressione idrostatica generato dal passaggio delle onde.
Approfondisco: il principio di Archimede dice che “ogni corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido, riceve una spinta verticale dal basso verso l’alto, uguale per intensità al peso del volume del fluido spostato».
L’energia meccanica che ne deriva viene trasformata in energia elettrica grazie ad un generatore. Esiste un impianto del genere installato lungo le costa del Portogallo e produce circa 2 MW di potenza elettrica.
ENERGIA DALLE MAREE |
Le maree sono il ritmico alzarsi (flusso) ed abbassarsi (riflusso) del livello del mare provocato dall’azione gravitazionale della Luna e del Sole. Oltre alla forza di gravitazione universale in questo fenomeno entra in gioco anche un’altra forza, quella centrifuga di rotazione della Terra.
IDROELETTRICO POTENZIALE |
|
Indice Argomenti | |
1 | L’ACQUA |
2 | LE CENTRALI IDROELETTRICHE |
3 | LE TURBINE |
4 | PRO E CONTRO |
M | MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO |
V | APPROFONDISCI CON I VIDEO |
Argomenti correlati | |
#1 | IDROELETTRICO POTENZIALE (esteso) |
L’ACQUA |
Anche l’ACQUA può essere considerata una fonte di energia e come ogni altra fonte per il “principio di conservazione dell’energia“, può passare da una forma ad un’altra.
Approfondisco: il Principio di Conservazione dell’Energia afferma che “l’energia non si può creare ne distruggere, ma solo trasformare, ossia passare da una forma ad un’altra.
Approfondisco: una Fonte di Energia è l’elemento naturale a disposizione dell’uomo da cui trarre l’energia. Una Forma di Energia, è la modalità in cui l’energia si manifesta. Sono ad esempio fonti, l’acqua, il Sole, il petrolio, il carbone, i rifiuti. Queste possono manifestare l’energia che possiedono in diversi modi, come ad esempio: energia termica, chimica, meccanica, luminosa, sonora, ecc.
L’ACQUA contiene in se una forma di energia chiamata potenziale che può essere sfruttata allo scopo di ottenere l’energia elettrica a noi necessaria. Questo passaggio non avviene direttamente, ma richiede una serie di trasformazioni.
Approfondisco: l’energia potenziale è quella che un corpo “potenzialmente” ha dentro di se ed è legata alla sua posizione e alle forze esterne come la gravità.
Per approfondire ulteriormente l’argomento clicca sul seguente link: energia potenziale.
PASSAGGI DI STATO | ||||||
POTENZIALE | CINETICA | MECCANICA | ELETTRICA |
LE CENTRALI IDROELETTRICHE |
La centrale idro-elettrica, è costituita da un insieme di strutture di grandi dimensioni fondamentali per la trasformazione dell’energia.
Queste sono: bacino, diga, condotta forzata, centrale (turbine), apparati elettrici (alternatore e trasformatore), opere di restituzione.
Chiamiamo bacino o serbatoio, un grande invaso contenente immense quantità d’acqua e può essere naturale, come ad esempio un lago, o artificiale creato dall’uomo sbarrando un corso d’acqua con una diga.
Le dighe sono gli sbarramenti realizzati dall’uomo necessari a bloccare il corso di un fiume, realizzati in cemento armato, e possono essere costruiti in due modi: ad arco e a gravità.
Le dighe ad arco sono più piccole e hanno una forma convessa. La loro conformazione consente di trasferire la spinta dell’acqua alle pareti rocciose laterali che sostengono in questo modo tutto il peso.
Le dighe a gravità, invece, sono molto più grandi, massicce e hanno una forma lineare e sezione triangolare. Reggono la spinta dell’acqua proprio perché pesantissime. Questo richiede che il terreno su cui poggiano sia particolarmente resistente.
L’acqua raggiunge la centrale attraverso un sistema di tubature chiamate condotta forzata. Queste possono essere realizzate o all’interno della montagna (in galleria) o all’esterno sul crinale o sulla diga stessa. All’imbocco, sono munite di organi di chiusura e di sicurezza che servono a regolare la portata dell’acqua, e alla base di paratoie di intercettazione che hanno lo scopo di garantire il funzionamento delle turbine rallentando la spinta dell’acqua.
Approfondisco: portata e caduta sono i due fattori più importanti presi in considerazione per la realizzazione di una centrale idroelettrica. La portata è la quantità d’acqua che passa in un secondo all’interno di una certa sezione e dipende dalla dimensione del corso d’acqua, dalle precipitazioni stagionali, dalle dimensioni del bacino. La caduta è invece è la differenza di altezza tra il bacino e la centrale.
LE TURBINE |
L’acqua giunge alla centrale e viene convogliata verso una grande ruota meccanica chiamata turbina. Questa è costituita da una parte fissa chiamata distributore e una parte mobile detta girante o rotore. L’acqua in movimento entra nella turbina, regolata mediante il distributore e agisce sulle pale del rotore mettendolo in movimento.
A seconda delle caratteristiche della centrale si realizzano tipi di turbine differenti, in grado di massimizzare la produzione di energia. I tipi più importanti sono:
Turbine Pelton, basse portate e alte cadute (50-1300 metri); sono costituite da un distributore a due o più ugelli da dove viene iniettata l’acqua (max 6) in relazione alla portata da inviare alla girante e da una ruota. Ogni ugello crea un getto, la cui portata è regolata da una valvola a spillo.
Turbine Francis, medie portate e medio/basse cadute (10-250 metri); l’acqua raggiunge la girante tramite un condotto a chiocciola, poi un distributore, ovvero dei palettamenti sulla parte fissa, indirizzano il flusso per investire le pale della girante.
Turbine Kaplan, grandi portate e basse cadute (5-30 metri); nella Kaplan, le pale della ruota sono sempre regolabili, mentre quelle del distributore possono essere fisse o regolabili. Quando sia le pale della turbina sia quelle del distributore sono regolabili, la turbina è una vera Kaplan (o a doppia regolazione); se sono regolabili solo le pale della ruota, la turbina è una semi-Kaplan.
PRO E CONTRO |
L’acqua è una fonte naturale presente sul nostro pianeta in grande quantità (circa i due terzi della sua superficie) e per questo in grado di fornire grandi quantità di energia.
PRO – L’acqua è una fonte inesauribile di energia proprio per la sua quantità, è pulita perché non provoca alcun tipo di inquinamento sul pianeta, è gratuita perché disponibile per tutti nei mari, laghi e fiumi o sotto forma di pioggia o neve senza dover pagare nulla per ottenerla.
CONTRO – l’acqua non presenta grandi aspetti negativi, ma possiamo ritenere negativa la portata estiva dei corsi d’acqua. Infatti, la carenza di precipitazioni abbassa di molto la quantità di acqua (portata) che il fiume fornisce al bacino di una centrale. Per ovviare a questo inconveniente, oggi si realizzano delle centrali chiamate a pompaggio (vedi più avanti per capire di cosa si tratta).
I PROBLEMI DI UNA CENTRALE IDROELETTRICA |
La centrale idroelettrica pur utilizzando una fonte energetica pulita come l’acqua, genera inquinamento nel suo processo di trasformazione. Infatti, la costruzione di tutte le strutture che la compongono, modificano profondamente l’ambiente generando quello che si chiama Impatto Ambientale.
Approfondisco: l’Impatto Ambientale è un’alterazione dell’ambiente a causa della realizzazione di opere di grande dimensione.
MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO |
APPROFONDISCI CON I VIDEO |
CENTRALE IDROELETTRICA | TURBINE IDRAULICHE |
Durata: 4:16 | Durata: 9:26 |
SCOPRI GLI ALTRI VIDEO SU IDROELETTRICO |
Il professor Sean Xia-An Zhang della Jilin University, insieme ad un team di stretti collaboratori ha inventato una stampante che, al posto del normale inchiostro, usa l’acqua per imprimere testo e immagini su carta. La nuova stampante, denominata “water-jet” permette di riscrivere su un foglio speciale, non quindi della solita carta che utilizziamo per stampare, fino a 50 volte. Questo è possibile in quanto, l’inchiostro si dissolve dal foglio dopo meno di un giorno dalla sua stampa, se mantenuto a una temperatura inferiore ai 35 gradi. A temperature più elevate la dissolvenza risulta ancora più rapida. Ancora questa tecnologia presenta dei limiti dovuti al fatto che è possibile stampare in un solo colore, il blu ma sono allo studio nuove tecnologie per stampare a colori come un comune stampante.
La caratteristica della dissolvenza dell’inchiostro in così poco tempo rende questa stampante realmente “green” ed è compatibile con il dato che ci riferisce che in un ufficio, mediamente le stampe sono lette solo una volta prima riessere cestinate. Ancora meglio se si considera che il foglio può essere ristampato fino a 50 volte con un risparmio di carta e alberi non indifferente.
Vedremo quali saranno gli ulteriori sviluppi di questa tecnologia di stampa.
IMPIANTO IDRICO-SANITARIO |
|
Indice Argomenti | |
1 | IL CICLO DELL’ACQUA |
2 | LA RETE IDRICA |
3 | GLI ELEMENTI DELL’IMPIANTO IDRICO |
M | MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO |
V | APPROFONDISCI CON I VIDEO |
Argomenti correlati | |
#1 | IMPIANTO ELETTRICO |
#2 | IMPIANTO TERMICO |
#3 | IMPIANTO FOGNARIO E DEPURATORE |
Sempre per la serie “impianti indispensabili per le abitazioni“, parliamo oggi di impianto idrico-sanitario, ossia di quell’impianto che rifornisce le abitazioni di acqua potabile. Purtroppo questa considerazione, evidenzia anche un grosso limite di questo sistema. Infatti, la distribuzione dell’acqua avviene oggi attraverso un unico sistema ed un unico tubo. Per cui, l’acqua potabilizzata rifornita dall’ente gestore, viene in buona parte sprecata perché utilizzata non solo per usi potabili, ma anche per usi industriali e per i servizi sanitari. Recenti normative, e indicazioni di buon senso, stanno facendo in modo che tutto questo, cambi. Si prevede, infatti, la realizzazione di due diverse reti di servizio, una per l’acqua potabilizzata e una per l’acqua destinata ad altri usi.
Ma seguiamo il percorso che fa l’acqua per giungere nei nostri edifici partendo dal luogo in cui viene prelevata.
IL CICLO DELL’ACQUA |
Prima di descrivere l’impianto idrico-sanitario delle nostre case è importante capire qualcos’altro. Dobbiamo per questo sconfinare in un altra disciplina, le scienze, e rivedere l’argomento sul “ciclo dell’acqua”. L’acqua piovana, quella che scorre nei fiumi o nei laghi, rifornisce per permeazione del terreno le falde acquifere (corsi d’acqua sotterranei). In poche parole l’acqua viene assorbita dagli strati permeabili del terreno. Quando l’acqua scendendo nel sottosuolo incontra uno strato roccioso impermeabile, si accumula formando le cosiddette falde acquifere e inizia a scendere verso il mare, ritornando lì da dove partita. Il simpatico video di seguito ci spiega chiaramente lo svolgimento di questo ciclo.
LA RETE IDRICA |
L’acqua che utilizziamo per le nostre utenze, viene proprio da queste falde acquifere sotterranee. La sua estrazione, avviene attraverso la realizzazione di pozzi che raggiungono in profondità le falde, nei quali viene inserito un tubo di acciaio chiamato colonna il cui diametro variabile tra i 20 cm e i 50 cm. Il pozzo attraversa nella sua discesa diversi strati di terreno permeabili imbevuti di acqua (le falde acquifere). La colonna, in prossimità di questi strati presenta delle aperture chiamate filtri attraverso i quali l’acqua passa dalla falda al pozzo. I filtri impediscono che sostanze estranee possano passare inquinando l’acqua. All’interno del pozzo troviamo poi un altro elemento fondamentale per l’estrazione dell’acqua: la pompa sommersa. Questa, ha la funzione di aspirare l’acqua e sollevarla fino un serbatoio posto in superficie dell’altezza di circa 30-40 m, quindi una torre molto alta. Il portare l’acqua in un posto così alto è necessario affinché possa raggiungere, per la pressione accumulata, attraverso la rete di tubazioni le nostre case. In genere quest’altezza consente all’acqua di rifornire utenze fino al secondo, terzo piano. Per utenze poste a piani ancora maggiori sarà necessario dotare l’edificio di una pompa o di una autoclave in maniera tale da avere la pressione sufficiente a spingere l’acqua fino a tali altezze. Attraverso tubature di circa 1 m di diametro, l’acqua viene trasportata dall’acquedotto alle città e poi con tubi più piccoli agli edifici.
GLI ELEMENTI DELL’IMPIANTO IDRICO |
L’impianto idrico dell’edificio, riceve l’acqua dalla rete idrica dell’acquedotto (ente gestore) e la distribuisce a tutte le utenze. Anche in questo caso, come per l’impianto di riscaldamento, possiamo avere un impianto di tipo centralizzato o un impianto autonomo. In ciascuno dei due casi, l’impianto idrico è dotato di alcuni elementi fondamentali; vediamo quali.
IL CONTATORE AD IMMERSIONE
L’acqua giunge all’edificio dal basso, quindi troviamo le tubature idriche nei cantinati o al piano terra; il primo elemento di questo impianto è il contatore. Si tratta di un apparecchietto metallico in cui in immersione troviamo una serie di indicatori che ci forniscono alcune utili informazioni sul funzionamento dell’impianto e sui consumi. Oggi, leggere il contatore è abbastanza semplice, perché è stato semplificato al massimo per consentire una immediata lettura dei consumi.
Aprendo il coperchio in plastica si scopre l’indicatore di consumo. In pratica basta leggere il valore numerico progressivo, espresso in metri cubi, per conoscere il proprio consumo. Le asticelle rosse non vanno considerate, mentre per sapere se l’impianto funziona e l’acqua scorre, basta osservare la rotella nera posta al centro (se ruota l’impianto è funzionante).
IL RUBINETTO GENERALE
Ogni impianto che si rispetti è dotato di un rubinetto generale necessario all’interruzione dell’erogazione dell’acqua in caso di perdite o di manutenzione. Normalmente questo rubinetto è posto all’ingresso della fornitura dell’alloggio, o sul balcone o in una delle stanze servite (bagno, cucina, lavanderia, ecc.). Oggi si tende a dotare ogni ambiente di un proprio rubinetto generale, in modo da sezionare l’impianto così che, se abbiamo un guasto in bagno, chiudiamo l’acqua solo in quell’ambiente lasciando serviti tutti gli altri. Il rubinetto può essere o a manopola a rotella o a scodellino cromato (vedi immagini qui a lato).
L’AUTOCLAVE
L’autoclave è una vasca metallica chiusa ermeticamente che contiene al suo interno un compressore. Questo pompa all’interno della vasca aria. L’acqua dell’impianto riempie per metà la vasca dell’autoclave. Poiché l’acqua è un liquido non comprimibile, una diminuzione della sua quantità all’interno delle tubazioni provocherebbe una diminuzione della pressione nell’impianto e quindi un suo funzionamento non ottimale. L’aria presente nella nella vasca impedisce queste variazioni di pressione e quindi l’impianto funziona sempre a pieno regime. L’autoclave è poi abbinata a una elettropompa di soprelevazione che ha il compito di spingere l’acqua fino all’ultimo piano dell’edificio.
LE TUBAZIONI
L’acqua, spinta dalla elettropompa, sale attraverso una lunga tubatura inserita all’interno dei muri dell’edificio chiamata colonna verticale, tubatura realizzata in acciaio zincato. Alla colonna verticale, ad ogni piano, sono collegate le tubazioni orizzontali che portano l’acqua ad ogni elemento idrico dell’appartamento (wc, lavabo, doccia, lavatrice, lavastoviglie, caldaia, ecc.).
IL SIFONE
L’acqua che fuoriesce dai rubinetti dei vari sanitari, scorre via, poi, attraverso altre tubazioni realizzate in materiale plastico, molto resistenti alle azioni degli acidi presenti in tali acque. Prima di finire nelle tubazioni orizzontali di scarico e poi in quelle verticali (colonna montante), le acque attraversano un un tubo particolare che prende il nome di sifone. Questo tubo ha una particolare forma a U o a T in modo che, al suo interno resti sempre una parte di acqua pulita che ha la funzione di non far risalire l’aria mefitica proveniente dalla fognatura sfruttando il principio dei vasi comunicanti.
Approfondisco: in base alla legge di Stevino, in un sistema di vasi comunicanti, ossia collegati tra di loro alla base, il fluido in essi contenuto raggiunge la stessa quota indipendentemente dalla forma dei recipienti.
Anche l’acqua piovana che si raccoglie sui tetti o sui terrazzi, viene incanalata attraverso delle tubazioni verticali apposite (grondaie, pluviali, gocciolatoi, ecc.) e scaricata anch’essa nella rete fognaria comunale.
MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO |
APPROFONDISCI CON I VIDEO |
IL CICLO DELL’ACQUA | I VASI COMUNICANTI |
Durata: 1:23 | Durata: 1:28 |
SCOPRI GLI ALTRI VIDEO SULL’IMPIANTO SANITARIO |