Mar 012024
 

BCI è l’acronimo di Brain Computer Interface, la prima soluzione software che si interfaccia con il cervello umano.

È il frutto della ricerca nata all’interno della società fondata da Elon Musk e da altri imprenditori per creare la prima interfaccia cervello computer commerciale al mondo, con lo scopo dichiarato di poter controllare un computer direttamente con il pensiero.

Dopo anni di ricerca, molto più lunghi del previsto, la società ha raggiunto nel 2023 l’autorizzazione per procedere alla sperimentazione su un essere umano: è iniziata così la ricerca di candidati umani disposti a sperimentare l’impianto neurale della società di Musk. Si tratta di persone affette da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) o che soffrono di quadriplegia a causa di lesioni del midollo spinale cervicale.

Il primo impianto umano è stato effettuato il 28 gennaio 2024 e a darne… (se vuoi continuare ad approfondire, clicca sull’immagine qui sotto per leggere il resto dell’articolo)


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Feb 142018
 

Non un drone qualunque, ma un super drone quello sviluppato da un team di 60 ex diplomati del Massachusetts Institute of Technology, il famosissimo MIT di Boston. Insieme questi ingegneri, hanno fondato nel 2014 una società nominata Skydio, una startup finanziata con 70 milioni da due società americane, la Andreessen Horowitz e Nvidia. Un investimento importante che consentirà alla società di produrre, anche se in quantità limitate, i primi pezzi del loro prodotto. Ma di cosa si tratta?

Il nome è R1, ma anche se il nome evoca alla memoria un robot di Guerre Stellari, si tratta di qualcosa di completamente diverso, un nuovo ed evolutissimo concetto di drone. 4 anni di studio e sperimentazione a Redwood City, in California. Un quadricottero dotato di telecamere in altissima risoluzione, 4K, capace di volare in assoluta autonomia in ambienti complessi come i boschi.

Ma il super gadget tecnologico non è solo questo. Oltre ad essere il primo drone in grado di spostarsi autonomamente, dotato dell’intelligenza artificiale fornitagli da un computer Nvidia Jetson TX1 montato al suo interno, è equipaggiato da 4 sistemi di sollevamento da ben 13 telecamere integrate con qualità video 4K.

Le telecamere appunto, sono capaci di effettuare una mappatura completa dell’ambiente circostante che viene in tempo reale interpretato e rielaborato dal potente processore matematico di cui R1 è dotato. Questo gli consente di superare gli ostacoli e muoversi agevolmente ed in totale autonomia all’interno di ambienti anche molto complessi.

Un’altra delle cose eccezionali che riesce a compiere questo incredibile oggetto volante è il riconoscimento dei volti o il colore dei vestiti, cosa che lo rende in grado di seguire un soggetto durante tutti i suoi spostamenti indipendentemente dalla loro natura.

Il volo è quasi esclusivamente autonomo, a tal punto che il drone non può in nessun modo scontrarsi con oggetti o persone durante il suo percorso. Esiste anche una versione di volo manuale, ma è volutamente limitata al massimo. Infatti, durante il controllo manuale, tutte le funzioni di sicurezza autonoma, restano sempre attive in modo da impedire che volutamente il pilota lo possa spingere a schiantarsi contro qualsivoglia oggetto.

Il volo pilotato avviene attraverso un’app da utilizzare su smartphone o tablet, capace per di fornire al manovratore solo poche opzioni di movimento e per visualizzare le anteprime dei video realizzati durante il volo.

Questa meraviglia, presenta però anche dei limiti. Innanzitutto il costo, non certo alla portata di chiunque; 2,499 dollari, rispondono però all’incredibile dotazione di questo gadget di lusso (13 videocamere 4K, un processore, sistemi di rilevamento). Ma bisogna anche dire che la società si rivolge in questo momento ad una clientela molto specializzata, fatta di filmaker, sportivi e aziende per video pubblicitari di alta qualità. L’altro limite sta nell’autonomia. Ancora, a piena carica, il drone può volare solo per 16 minuti. Vedremo cosa ci riserverà in futuro, questa creativa startup.

Dic 022017
 

Campione di Perovskite

Al fine di superare i limiti di memorizzazione dei nostri sistemi elettronici, il cervello umano ha rappresentato per gli scienziati il primo elemento a cui fare riferimento nei propri studi. La sua capacità di selezionare le informazioni e di scegliere quali eliminare e quali mantenere è da sempre un fattore che ha affascinato gli scienziati.

Il cervello per funzionare correttamente, ha necessità di liberare spazio in quanto ha grandi capacità di memorizzazione ma queste non infinite. Alcune informazioni non sono importanti e lui sa riconoscerle, inoltre, ha la capacità di liberarsi degli stimoli ricorrenti, ossia quegli stimoli che si ripetono più e più volte come la paura di cadere dai pattini o dalla bici eliminando questa sgradevole sensazione ad ogni successivo uso.

Ispirandosi a questa incredibile capacità del cervello umano, alcuni scienziati statunitensi che si occupano di nano-tecnologie, hanno cercato di creare un materiale non biologico in grado di adattarsi alle informazioni ricevute scartando o accettando quelle ritenute importanti.

Hanno così prodotto un lattice che, prende il nome di perovskite quantistica, dimostrando attraverso simulazioni computerizzate e ai raggi X, di come questo materiale possegga un comportamento simile al cervello umano e di come manifesti elettronicamente la stessa capacità di cancellare le informazioni.

Il suo comportamento è spiegabile osservandolo al microscopio. La perovskite, agisce come una spugna che respira. Ogni volta che viene aggiunto un protone, la sua struttura atomica si espande o si contrae per assecondare questo cambiamento. Ripetendo il processo diverse volte, il materiale diventa sempre più insensibile allo stimolo e le sue contrazioni o espansioni diventano sempre meno visibili fino a non avvenire per nulla. In pratica la sua risposta allo stimolo diventa sempre meno importante fino a che questo lattice non mostra più alcun interesse alla variazione del numero dei protoni, ossia diventa indifferente ai nuovi stimoli.

I possibili impieghi sono sicuramente nel campo dell’intelligenza artificiale, per creare nuovi sistemi in grado di imitare sempre più il comportamento del cervello umano e fornire alle nostre macchine maggiori capacità di pensiero e autonomia decisionale.

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Ago 032016
 

CERVELLO01

Una grande equipe formata da neuro scienziati di diversi e prestigiosi istituti medici, quali la Washington University Medical School, il John Radcliffe Hospital, l’Imperial College di Londra, la Nuffled Department of Clinical Neurosciences di Oxford, ha portato a termine la prima parte di un grande studio sul cervello umano definito dal suo promotore lo scienziato Matthew F. Glasser la versione 1.0 dello studio.

CERVELLO02

Si tratta di una mappatura dettagliatissima del cervello umano; utilizzando scanner avanzatissimi e algoritmi di intelligenza artificiale gli scienziati sono riusciti ad evidenziare circa 100 nuove aree del cervello utilizzate durante specifiche azioni. Un gruppo 1200 soggetti, si sono sottoposti ai test durante i quali gli scienziati hanno immagazzinato una enorme mole di informazioni che poi avanzatissimi computer hanno analizzato e tradotto in immagini tridimensionali. Le azioni svolte dai soggetti andavano dalle normali conversazioni a test di memoria alla soluzione di problemi di logica e matematica. Durante queste attività gli scienziati hanno misurato, ad esempio, il livello di mielina che isola i neuroni del cervello.

CERVELLO03

Matthew F. Glasser è fiducioso che grazie alla collaborazione di tanti tester e il miglioramento degli algoritmi e degli strumenti di analisi sarà possibile raggiungere livelli di conoscenza ancora più approfonditi per portare ad un nuovo livello la conoscenza del cervello umano.

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Gen 192016
 
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La scienza non finisce mai di stupirci scoprendo sempre nuove cose che arricchiscono la nostra conoscenza. E’ di grande attualità uno studio che è stato sottoposto a 10 volontari diversi. A questi, è stato fatto ascoltare un campionario di 165 suoni diversi tra cui musica, brani di un discorso, rumori di vario genere, suoni violenti, note alte e basse, squilli di telefono, frastuono del traffico, scoprendo una cosa incredibile che ha contraddetto tutte le teorie fino ad ora ritenute fondate.

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L’ascolto della musica, a quanto pare, non è una semplice ricaduta delle capacità uditive degli esseri viventi, ossia la capacità di discernere tra suono e rumore, ma pare sia controllata nel cervello da un gruppo di neuroni che si attivano solo in presenza di suoni o melodie.

Gli studiosi che hanno condotto tale esperimento, attraverso una speciale risonanza magnetica funzionale, hanno riscontrato che esiste un vero e proprio gruppo di neuroni nella corteccia uditiva del cervello che si attiva inviando impulsi elettrici solo quando i soggetti sono stati sottoposti all’ascolto della musica tra le 165 diverse proposte sonore. In pratica, questo dimostra che il cervello attiva specifiche aree in relazione a specifici stimoli. Anche in presenza di conversazioni, si è potuto verificare lo stesso fenomeno, cosa non riscontrabile con gli altri suoni o rumori proposti.

Queste aree celebrali, non coincidono, evidenziando l’esistenza di percorsi neurali diversi a seconda degli stimoli cui si è sottoposti e che il cervello li sviluppa differentemente senza che tra i due ci siano sovrapposizioni.

Gli scienziati, giunti a queste incredibile scoperta, si pongono ora una domanda; nasciamo già con i neuroni musicali o questi si sviluppano e si arricchiscono durante la crescita?

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Mag 242012
 

“Smart” in inglese significa “astuto, furbo” e quindi i nostri cellulari, i cosiddetti smartphone, si chiamano così perché dovrebbero essere astuti, nel senso di essere in grado di rispondere in maniera intelligente alle esigenze degli utenti. Ma secondo INTEL, questa intelligenza è ancora poco “furba”, per cui sta studiando il modo di inserire nuove tecnologie in grado di renderli più intelligenti, in grado di analizzare il comportamento umano e conformarsi allo stile di vita del proprietario. Intel sta lavorando su una ricerca che ha come soggetto una nuova tecnologia capace di imitare il cervello umano e sta studiando lo sviluppo di dispositivi che siano in grado di apprendere dai propri utenti. L’obiettivo è superare i limiti degli attuali devices, che pur definiti intelligenti, non sanno nulla più del proprio utilizzatore e non imparano nulla da questo. Justin Rattner, chief technology officer di Intel afferma infatti che “Le macchine che apprendono offrono grandi opportunità”, e che queste presto diventeranno l’obiettivo di molte aziende tecnologiche.

La ricerca, è stata avviata dall’Intel Collaborative Research Institute of Computational Intelligence in collaborazione con la Technion, istituto tecnologico situato nella città di Haifa (Israele) e dell’Università Ebraica di Gerusalemme, e ha come traguardo la realizzazione di applicazioni indossabili in grado di migliorare la qualità della vita. E Rattner traccia pure un percorso possibile di sviluppo e commercializzazione di prodotti del genere. per il C.T.O. di Intel, questi dispositivi potrebbero essere disponibili già nel 2014 o 2015. Moody Eden, presidente di Intel Israele, si spinge oltre, affermando che “Entro cinque anni organi di senso saranno integrati nei computer e in dieci avremo più transistor in un chip che neuroni nel cervello umano”.

Ancora una volta la tecnologia potrebbe stupirci. Noi di educazionetecnica.com saremo qui ad osservare e registrare i prodigi che il  progresso potrà portarci.